Vegetazione Marina-Lagunare
Cystoseira sp
Comune: Isole Tremiti
Varie specie, tutte alghe brune, molto diffuse e che danno luogo ad un sistema vero e proprio (cistoseireto). Se ne ricordano le seguenti specie C. adriatica (o compressa), C. amantacea, C. mediterranea, C. sedoides, C. spinosa e la C. zosteroides. Cystoseira è un genere di alghe brune appartenente all’ordine Fucales ed alla famiglia Cystoseiraceae.
Il genere ha una distribuzione cosmopolita ma si trova principalmente nelle acque temperate dell’emisfero nord, soprattutto nel mar Mediterraneo e nell’ oceano Pacifico e Indiano. Il tallo è suddiviso in ventosa, stipite e fronda. Qui trattiamo più diffusamente la Cystoseira mediterranea (Sauvageau) perché specie protetta. Simile a Cystoseira tamariscifolia, ma con tallo più morbido (fuori dall’acqua il tallo si affloscia sul substrato); le primissime ramificazioni danno l’impressione di un ciuffo di assi. Specie perennante, si trova lungo tutto il corso dell’anno, ma alla fine dell’estate le ramificazioni vanno perse; colonizza ambienti esposti ai moti ondosi e bene illuminati, dalla supficie a – 1.5m.
L’accrescimento è apicale. Anteridii e oogoni si trovano all’interno di concettacoli fertili chiamati ricettacoli. È suddiviso in ventosa, stipite, fronda e pneumatocisti. La ventosa ha una forma discoidale a sezione triangolare ed è costituito da piccoli rizoidi che l’alga utilizza per attaccarsi al substrato roccioso. Lo stipite può essere paragonato per le sue funzioni al tronco delle piante: permette all’alga di mantenersi eretta e trasporta i prodotti del metabolismo e i nutrienti.
Ha una forma triangolare. Le fronde sono disposte radialmente lungo lo stipite e costituiscono la parte più evidente del tallo e quella maggiormente interessata dai processi fotosintetici. In essa quindi sono presenti molti cloroplasti e mitocondri. La loro colorazione va dal nero (C. crinita), al bruno-rossastro (C. barbata), al bruno-giallastro (C. compressa), talora con riflessi iridescenti bluastri (C. mediterranea). Tutte Faofite protette secondo Allegato I della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa (Berna) “Specie di flora rigorosamente protette”, L. 503, 5.10.81 e l’annesso II da ASPIM (Protocollo relativo alle Aree Specialmente Protette e la Biodiversità in Mediterraneo), Monaco, 24/11/1996, legge 175 del 25/05/1999.
Lithophyllum lichenoides Philippi
Comune: Isole Tremiti
Alga rossa delle corallinacee. Questa Rodoficea incrostante caratterizza la Biocenosi della roccia mediolitorale inferiore o Neogoniolitho-Lithophylletul tortuosi, nella quale può arrivare a costituire una sorta di cornicione strapiombante;. Questa formazione, che ospita un popolamento di notevole importanza biologica, si riscontra solo in presenza di particolari condizioni (ambiente battuto dal moto ondoso, illuminazione attenuata, ecc.) che ne limitano la presenza a tratti molto ridotti.
Lo stato di minaccia in cui si trova la cornice a Lithophyllum è legato, inoltre, a ritmi di accrescimento molto lunghi, all’inquinamento superficiale delle acque e all’eccessiva presenza antropica. Il tallo è formato da una spessa crosta calcarea, bene aderente al substrato, con un aspetto generale emisferico; spessore 1-3cm, diametro 5-8cm; la superficie è coperta da creste labirintiformi, alte da 2 a 5mm; colore grigio violaceo, decolorato in bianco grigiastro.
Il gametofito e il tetrasporofito sono simili. Specie perennante, si trova su scogliere verticali ombreggiate ai livelli superiori della zona mediolitorale, ed è particolarmente abbondante in stazioni esposte ai moti ondosi. Quando le condizioni sono favorevoli, il Lithophyllum lichenoides costruisce grandi strutture calcaree orizzontali, larghe fino a 2m e spesse oltre 50-70cm, chiamato dagli Autori Francesi “trottoire à Lithophillum” (“marciapiede a Lithophyllum”). Diffuso in Mediterraneo occidentale e Mare Adriatico, raro in Mediterraneo orientale, Atlantico Nord-orientale (dalla Francia al Marocco). Protetta dall’annesso II di ASPIM e dal protocollo I di Berna.
Posidonia oceanica (L.) Delile, 1813)
Comune: Isole Tremiti
La Posidonia oceanica è una pianta acquatica, endemica del Mar Mediterraneo, appartenente alla famiglia delle Posidoniacee (Angiosperme, Monocotiledoni).Ha caratteristiche simili alle piante terrestri in quanto provvista di radici, fusto rizomatoso e foglie nastriformi lunghe fino ad un metro e unite in ciuffi di 6-7.
Fiorisce in autunno e in primavera produce frutti galleggianti chiamati “olive di mare” perché sono ricchi di sostanze oleose, che, una volta maturi, si distaccano dagli steli fioriferi e galleggiano sulla superficie delle acque marine. Quando il frutto si degrada scende su un nuovo fondale consentendo al seme di originare una nuova pianta.Forma delle praterie sottomarine che hanno una notevole importanza ecologica, costituendo la comunità climax del mar Mediterraneo ed esercitando una notevole azione nella protezione della linea di costa dall’erosione.
Al suo interno vivono molti organismi animali e vegetali che nella prateria trovano nutrimento e protezione.Gli erbai densi di Posidonia non costituiscono una unità biocenotica unica ma sono formati da due strato cenosi, una associata alle fronde ed una ai rizomi ed al substrato. Mentre sulle fronde abbiamo un popolamento fotofilo, sui rizomi e nel substrato a causa della forte diminuizione della luce si sviluppano aspetti sciafili precoralligeni o addirittura coralligeni con concrezionamento del substrato.Il posidonieto è considerato un buon bioindicatore della qualità delle acque marine costiere.
Oltre a contribuire all’ossigenazione delle acque la prateria contribuisce alla salvaguardia dei litorali smorzando l’effetto del moto ondoso sulla costa.Oggi le praterie sono minacciate dall’aumento di torbidità dell’acqua di mare, che limita il passaggio dei raggi solari in profondità, e dagli ancoraggi delle imbarcazioni. Dopo un danno provocato da un’ancora, devono passare molti anni prima che la prateria possa nuovamente espandersi nell’area danneggiata.
Verso la fine dell’estate le foglie della pianta raggiungono la loro massima lunghezza e con l’inizio delle prime mareggiate autunnali si distaccano raggiungendo i litorali. In mezzo alle foglie che si accumulano sulle spiagge si osservano anche delle palline, chiamate egagropile, formate da fibre vegetali disgregate dal moto ondoso e in seguito riaggregate a formare le strutture arrotondate. La P. oceanica si riproduce sia sessualmente sia asessualmente per stolonizzazione.
La riproduzione sessuale avviene mediante la produzione di fiori e frutti. I fiori sono ermafroditi e raggruppati in una infiorescenza a forma di spiga, di colore verde e racchiusa tra brattee fiorali. L’asse floreale si attacca al rizoma al centro del fascio. Il gineceo è formato da un ovario uniloculare che continua con uno stilo e termina con lo stigma; l’androceo è costituito da tre stami con antere corte. La fioritura è regolata da fattori ambientali (luce e temperatura) e da fattori endogeni (età e dimensione della pianta) e avviene in settembre-ottobre nelle praterie più vicine alla superficie del mare, mentre è spostata di due mesi nelle praterie più profonde.Il polline all’interno dell’antera è di forma sferica, ma diventa filamentoso appena viene rilasciato.
Non sono presenti meccanismi di riconoscimento tra polline e stigma che prevengano l’autofecondazione. L’impollinazione è idrofila e può portare alla formazione dei frutti, sebbene alcuni abortiscano prima della maturazione che avviene dopo sei mesi. Una volta maturi, i frutti si staccano e galleggiano in superficie. Affinché la piantina possa attecchire è necessario che trovi un substrato umificato. L’umificazione consiste nella degradazione dei detriti vegetali, quindi la pianta può impiantarsi in “suoli” precedentemente colonizzati da altri vegetali, quali macroalghe o altre fanerogame.
Si genera così una vera e propria successione ecologica in cui posidonia rappresenta l’ultimo stadio. La germinazione comincia con l’emissione di una piccola radice bianca dal polo radicale e di una fogliolina dal polo apicale. Con la riproduzione sessuata la pianta colonizza nuove aree, diffonde le praterie in altre zone e garantisce la variabilità genetica.La stolonizzazione, che permette l’espansione delle praterie, avviene invece mediante l’accrescimento dei rizomi plagiotropi, che crescono di ca. 7 cm/anno e colonizzano nuovi spazi.
Un alto accumulo di sedimenti e la diminuzione dello spazio a disposizione per la crescita orizzontale, stimola la crescita verticale dei rizomi, formando così la matte.L’accrescimento verticale dei rizomi porta alla formazione di una struttura chiamata matte, costituita da un intreccio di rizomi morti e radici tra i quali resta intrappolato il sedimento. Solo la parte sommitale di queste strutture è formata da piante vive.
La formazione delle mattes dipende in massima parte dai ritmi di sedimentazione; un’alta velocità di sedimentazione può portare ad un eccessivo insabbiamento dei rizomi e quindi al loro soffocamento; al contrario, una sedimentazione troppo lenta può portare allo scalzamento dei rizomi ed alla regressione della prateria. Poiché la velocità di decomposizione dei rizomi è molto lenta essi possono rimanere all’interno della matte anche per molto tempo.
La matte ha un ritmo di crescita molto lento: il suo accrescimento è stato stimato in circa 1 m al secolo (fatto che accresce la vulnerabilità del popolamento tremitese).Spesso le piante vivono in un substrato soggetto all’anossia (mancanza di ossigeno). Per questo motivo le radici, oltre ad assicurare l’ancoraggio e l’assorbimento delle sostanze nutritive, fungono da riserva di ossigeno, prodotto per fotosintesi dalle foglie e trasportato dal parenchima aerifero.
Come tutte le Fanerogame marine, anche la P. oceanica si è evoluta da Angiosperme che vivevano nella zona intertidale, al confine tra la terra e il mare, e che erano quindi in grado di sopportare brevi periodi di immersione in acqua. Quando l’impollinazione da anemofila è diventata idrofila, le piante hanno completamente abbandonato la terraferma. I primi fossili di posidonia (P. cretacea) risalgono al Cretaceo, circa 120 milioni di anni fa, mentre nell’Eocene, 30 milioni di anni fa, fece la sua comparsa la P. parisiensis
. La crisi di salinità del Messiniano, avvenuta circa 6 milioni di anni fa nel Mediterraneo, ha provocato un abbattimento della diversità genetica in posidonia. Mentre prima esistevano sia ceppi in grado di vivere in condizioni locali di alta salinità sia ceppi capaci di vivere in bacini a salinità bassa, dopo la crisi questi ultimi sono scomparsi e sono stati selezionati solo quelli capaci di vivere a salinità elevate.
All’interno dello stagnone di Marsala, le praterie si trovano in una zona che può raggiunge valori di salinità del 46-48?.Il genere Posidonia appartiene, secondo la maggior parte dei botanici, alla famiglia delle Posidoniaceae ma ci sono autori che la attribuiscono alle Potamogetonaceae, altri alle Najadaceae e altri ancora alle Zosteraceae. Anche per quanto riguarda l’ordine non vi è accordo tra gli studiosi.
Il nome generico Posidonia deriva dal greco ??se?d??, Poseidone, il dio del mare, mentre l’epiteto specifico oceanica si riferisce al fatto che questa specie aveva una distribuzione ben più ampia di quella attuale.Questa specie si trova solo nel Mar Mediterraneo; occupa un’area intorno al 3% dell’intero bacino (corrispondente ad una superficie di circa 38.000 km2), rappresentando una specie chiave dell’ecosistema marino costiero.
Un segnale inequivocabile dell’esistenza di una prateria di posidonia è la presenza di masse di foglie in decomposizione (dette banquette) sulla spiaggia antistante. Per quanto possano essere fastidiose hanno una notevole rilevanza nella protezione delle spiagge dall’erosione. Secondo la parte IV del Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”) le foglie di posidonia spiaggiate sono da considerare rifiuti solidi e devono quindi essere smaltite.
Sulle spiagge si trovano inoltre, e soprattutto in inverno, delle “palle” marroni formate da fibre di posidonia aggregate dal moto ondoso e dette egagropili. Le praterie presentano un limite superiore ed un limite inferiore.Il primo, il punto in cui ha inizio la prateria partendo dalla costa, è piuttosto netto, mentre il secondo, il punto dove finisce, può essere di tre tipi: edafico, erosivo e regressivo..Nelle aree riparate e a basso idrodinamismo, che provoca una maggiore sedimentazione, le matte possono alzarsi fino a che le foglie non raggiungono la superficie dell’acqua. Si crea in questo modo una barriera detta recif barriere.
Tra la barriera e il litorale si può formare una laguna, e ciò impedisce il progredire della prateria verso la costa. La recif barriere ha un ruolo importantissimo nella protezione della linea costiera dall’erosione.Nelle zone a forte idrodinamismo, invece, i rizomi possono essere scalzati, creando delle formazioni dette intermatte, costituite da canali di erosione.Le caratteristiche proprie della pianta di posidonia, la sua dinamica di crescita e la grande quantità di biomassa prodotta, sono dei fattori in grado di reggere delle comunità animali e vegetali molto diversificate.
Distinguiamo comunità epifite, cioè di batteri, alghe e briozoi che colonizzano la superficie fogliare e i rizomi della pianta, comunità animali vagili e sessili e comunità di organismi detritivori.Sono pochi gli animali che si nutrono direttamente delle foglie di questa pianta.La fauna associata alle praterie di posidonia è costituita da animali sessili, che vivono cioè adesi al substrato costituito dalle foglie e dai rizomi, e da animali vagili, capaci di muoversi all’interno della prateria. Vi sono poi degli organismi, costituenti l’infauna, che vivono all’interno delle matte e che sono principalmente detritivori.
Studi effettuati da Gambi et al. nel 1992 hanno dimostrato come circa il 70% del popolamento animale complessivo della prateria sia costituito da erbivori. Tra questi, i più abbondanti sono gli echinodermi, in particolare il riccio Paracentrotus lividus, tra i pochi organismi in grado di cibarsi direttamente delle foglie della pianta. I carnivori sono rappresentati da pesci, molluschi, policheti e Sono poco frequenti pesci di grandi dimensioni e durante il corso dell’anno si assiste a variazioni dell’abbondanza specifica dovute a reclutamenti e migrazioni.
Nelle praterie superficiali e riparate, vi è una grande abbondanza dell’erbivoro Sarpa salpa, che rappresenta il 40-70% della fauna ittica estiva.Il compartimento detritico, costituito dalla lettiera formata dai resti delle foglie cadute, viene colonizzato da microorganismi e funghi. Un gruppo particolare di detritivori sono policheti (Lysidice ninetta, Lysidice collaris e Nematonereis unicornis) e isopodi (Idotea hectica, Limnoria mazzellae), detti borers, che scavano delle gallerie all’interno delle scaglie (resti delle basi fogliari che restano attaccate al rizoma per anni) per nutrirsi e per espandere il proprio habitat.
Dal punto di vista fitosociologico, la P. oceanica rappresenta la specie caratteristica dell’associazione Posidonietum oceanicae Molinier 1958. Questa associazione è caratteristica dei fondi sabbiosi e fangosi del piano infralitorale e al suo interno si distinguono diversi aggruppamenti da esso dipendenti: sui rizomi si trova la biocenosi sciafila costituita dall’associazione Flabellio-Peyssonnelietum squamariae Molinier 1958, mentre sulle foglie della pianta si distingue l’associazione epifita Myrionemo-Giraudietum sphacelarioidis Van der Ben 1971.
Questo aggruppamento non è esclusivo del Posidonieto, ma si ritrova anche sulle foglie di altre Angiosperme marine e sulle Cystoseire.La prateria di posidonia costituisce la “comunità climax” del Mediterraneo, cioè rappresenta il massimo livello di sviluppo e complessità che un ecosistema può raggiungere. Il posidonieto è, quindi, l’ecosistema più importante del mar Mediterraneo ed è stato indicato come “habitat prioritario” nell’allegato I della Direttiva Habitat (Dir. n. 92/43/CEE), una legge che raggruppa tutti i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) che necessitano di essere protetti.
Nell’ecosistema costiero la posidonia riveste un ruolo fondamentale per diversi motivi: grazie al suo sviluppo fogliare libera nell’ambiente fino a 20 litri di ossigeno al giorno per ogni m2 di prateria; produce ed esporta biomassa sia negli ecosistemi limitrofi sia in profondità; offre riparo ed è area di riproduzione per molti organismi; consolida il fondale sottocosta contribuendo a contrastare un eccessivo trasporto di sedimenti sottili dalle correnti costiere; agisce da barriera che smorza la forza delle correnti e delle onde prevenendo l’erosione costiera; lo smorzamento del moto ondoso operato dallo strato di foglie morte sulle spiagge le protegge dall’erosione, soprattutto nel periodo delle mareggiate invernali.
In tutto il Mediterraneo le praterie di posidonia sono in regressione, un fenomeno che è andato aumentando con gli anni con l’aumento della pressione antropica sulla fascia costiera. La scomparsa delle praterie di posidonia ha degli effetti negativi non solo sul posidonieto ma anche su altri ecosistemi, basti pensare che la perdita di un solo metro lineare di prateria può portare alla scomparsa di diversi metri della spiaggia antistante, a causa dei fenomeni erosivi. Inoltre la regressione delle praterie comporta una perdità di biodiversità e un deterioramento della qualità delle acque.
Le cause della regressione sono da ricercarsi in: inquinamento: la posidonia è molto sensibile agli agenti inquinanti; pesca a strascico; nautica da diporto (raschiamento delle ancore sul fondale, sversamenti di idrocarburi, detergenti, vernici, rifiuti solidi etc…); costruzione di opere costiere e di conseguenza l’immissione di scarichi fognari in mare che aumentando la torbidità dell’acqua ostacolano la fotosintesi; costruzione di dighe, dighe foranee e barriere che modificano il tasso di sedimentazione in mare; eutrofizzazione delle acque costiere che provoca un’abnorme crescita delle alghe epifite, ostacolando così la fotosintesi; influenza negativa legata agli allevamenti intensivi di pesci.
Recentemente le praterie sono minacciate anche dalla competizione con due alghe tropicali accidentalmente immesse in Mediterraneo, la Caulerpa taxifolia e la C. racemosa. Le due alghe presentano una crescita rapidissima e stanno via via soppiantando la posidonia.Da circa una ventina di anni sta sempre più prendendo piede l’utilizzo della posidonia come indicatore biologico.La pianta infatti presenta tutte le caratteristiche proprie di un buon bioindicatore: è specie bentonica; presenta un lungo ciclo vitale; è diffusa ampiamente in tutto il Mediterraneo; ha una grande capacità di concentrazione nei suoi tessuti di sostanze inquinanti; è piuttosto sensibile ai cambiamenti ambientali.
Attraverso lo studio delle praterie è quindi possibile avere un quadro piuttosto attendibile della qualità ambientale delle acque marine costiere.Nel 2006 è stata scoperta nelle Baleari una pianta di Posidonia lunga circa 8 km cui è stata attribuita un’età di 100.000 anni. La pianta si trova all’interno di una prateria che si estende per 700 Km. dalla zona di Es Freus, (Formentera) fino alla spiaggia di Las Salinas (Ibiza).
L’identificazione della pianta è stata possibile grazie all’uso di marcatori genetici. La scoperta è stata casuale, poiché si stima che all’interno di questa prateria vivano cento milioni di esemplari della stessa specie. Si ritiene che questa pianta sia uno degli organismi viventi più grandi e longevi del mondo.
Spiranthes spiralis (L.) Chevall
Comune: Isole Tremiti
Il nome di questa bella orchidea deriva dal greco: speira=spira e ànthos=fiore, in riferimento al disporsi dei fiori a spirale lungo l’asse dell’infiorescenza. E’ pianta alta dai 10 ai 40 cm., con fusto gracile, pubescente, che emerge lateralmente dalla rosetta basale. Si presenta con 3-7 foglie basali disposte in rosetta, ovali e appuntite, lucide. Foglie caulinari piccole e guainanti, brattee pubescenti, uguali o poco più corte dell’ovario. La rosetta basale presente durante la fioritura, appartiene alla pianta che fiorirà l’anno successivo ed è destinata a sparire alla comparsa del nuovo fusto.
Infiorescenza slanciata e sottile, elicoidale, con 3-20 piccoli fiori bianco-verdastri, profumati. Sepali esterni un po’ allargati; sepalo mediano e petali conniventi con il labello a formare uno stretto tubo bianco, verdastro alla base. Bordo del labello ondulato. Ovario fusiforme e pubescente. Il periodo di fioritura va da Settembre, ottobre. E’ l’unica orchidea italiana che fiorisce in autunno. E’ possibile vederla nei prati, margini di bosco, pascoli, incolti, più frequentemente su suoli calcarei.
Si può trovare da 0 a 1000 m di altitudine. Può essere confusa con Spiranthes aestivalis (Poir.) Rich . Quest’ultima, a differenza di S. spiralis, fiorisce a giugno-luglio, è pianta calcifuga e cresce nelle zone umide ed anche in ambiente salso. Presente solo in alcune regioni italiane, dalla zona alpina alla Toscana e in Sadegna.
L’impollinazione è entomofila e viene effettuata da imenotteri che vengono attratti dal nettare posto in fondo allo stretto tubo creato da sepali e petali. Per raggiungerlo essi sfregano contro i viscidi e si caricano di polline che verrà trasportato al fiore che visiteranno successivamente
Ucria – Cymodocea nodosa, Asch.
Comune: Isole Tremiti
Pianta molto comune, vive nei fondali marini sabbiosi, fangosi e lagune, tra 1 e 10 m di profondità. Confusa con Z. nolti e Z. marina. Queste si distinguono per non avere foglie con almeno una nervatura evidente, apici fogliari privi di dentelli apicali e rizomi senza ingrossamenti anulari. Dimensioni: 30-80 cm, presenta radice secondarie dal rizoma, biancastre di 1-2 mm di diametro, una per nodo e fusto ipogeo con rizoma ramificato, robusto, da bianco a rosso, a volte verdastro; ingrossamenti terminali all’inserzione delle foglie con anellature (articolazioni delle guaine caduche).
Le foglie sono lineari (0,2-0,6 x 20-60 cm), con lamina che si restringe in alto ed apice con 3-5 piccoli dentelli per lato. La foglia presenta molte nervature, nessuna evidente; guaina aperta formanti due appendici. Ha infiorescenza a fiori solitari. E’ pianta dioica; fiori maschili ridotti a due antere portate da un peduncolo, fuoriuscenti dalle guaine; i femminili, interni alla guaina, ridotti a 2 ovari con due stili nastriformi ciascuno. Il frutto si presenta a disco di 8 mm carenati e con mucrone Protetta dall’allegato 1 della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica dell’ambiente naturale in Europa (Berna) “Specie di flora rigorosamente protette”, L. 503, 5.10.81.
Zostera marina, Linneo
Comune: Isole Tremiti
Zostera marina L. è una fanerogama marina della famiglia Zosteraceae. E’ una specie largamente distribuita nei settori settentrionali dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico, fino al Circolo Polare Artico. Nel mar Mediterraneo ha una distribuzione di tipo relitto, è in fatti presente solo in zone caratterizzate da salinità e temperature basse, cioè nel mar Nero, nel nord del mar Egeo, nell’Adriatico settentrionale e in alcune zone delle coste spagnole e francesi.
Unica tra le fanerogame marine può sopportare brevi periodi di emersione. Raggiunge i 40-80 cm e presenta radice secondarie, filiformi biancastre, numerose ai nodi del rizoma. Il fusto ipogeo con rizoma robusto, scuro, ramificato con molte radici ai nodi mentre il fusto epigeo è assente.
Le foglie sono lineari (0,3-0,8 x 20-70 cm) con molte nervature, 5-7 di maggiori dimensioni; guaina di circa 20 cm tubulare Presenta numerosi assi fertili, ramificati, portanti spadici lineari con 10-12 fiori; spata simile a una foglia, ma peduncolata, guaina di 4-8 cm. La pianta è monoica dicline con fiori maschili ridotti a 2 antere uniloculari e i femminili ad un ovario con stilo ridotto e lungo stimma bifido mentre il frutto elissoidale di 3-4 mm, scarioso.
E’ pianta marina litoranea presente in tutte le acque costiere. Fiorisce da febbraio a marzo. Pianta non comune, vive nei fondali marini sabbiosi, fangosi e nelle lagune, tra 1 e 8 m di profondità. Confusa con Z. nolti, con foglie più strette, tronche all’apice e 1-3 radici per nodo. Simile anche a Cymodocea nodosa che si distinge per una tipica dentellatura all’apice della foglia e il rizoma robusto rossastro con caratteristiche anellature. Solo da qualche anno le Zosteraceae sono state elevate al rango di famiglia; alcuni autori, interpretano l’inifiorescenza come formata da fiori ermafroditi formati da uno stame a due antere e un’ovario. Protetto secondo l’annesso I di Berna e l’annesso II di ASPIM.
Zostera noltii, Hornemann, Zostera minore, Zostera di Nolte, Zostera nana
Comune: Isole Tremiti
Specie che si trova nelle coste atlantiche dell’Europa, Isole Britanniche. Limitata alle zone salmastre e agli estuari cresce anche nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Si trova anche nel Mar Caspio e nel Lago Aral. E’ caratterizzata dalle foglie nastriformi larghe 1-2 mm e lunghe 10-40 cm con nervatura centrale ben evidente; ha rizoma chiaro, poco robusto, ramificato, con brevi e scarse radici avventizie. I fiori racchiusi in una guaina fogliare sono esigui e poco appariscenti: possono mancare sia il calice che la corolla. Fiorisce da maggio ad agosto.
L’estremità delle foglie è ottusa, dentellata, spesso asimmetrica e diventa frastagliata nelle foglie più vecchie. Le foglie hanno origine da un rizoma strisciante, nascono in gruppi di 2 – 5 inserite in una corta guaina. I semi sono lisci, bianchi e lunghi 1.5 – 2 mm. Le foglie e i rizomi contengono degli spazi aerei (lacune) che mantengono le foglie erette quando sono sommerse. Cresce in strati densi o in praterie su fanghi o sabbie fini nella zona intertidale.
Particolarmente abbondante nella zona compresa tra il livello dell’acqua alta media e quella bassa da marea di quadratura lunare. I limiti inferiore e superiore si spostano con il diminuire della salinità, e nelle acqua salmastre si può trovare permanentemente sommersa. E’ una specie comune nei fondali poco profondi lagunari e marini dell’area mediterranea e dell’Adriatico. Confusa con Z. marina, con foglie più larghe, lunghe e non tronche all’apice e Cymodocea nodosa che oltre ad essere di dimensioni maggiori ha una tipica dentellatura all’apice della foglia. Solo da qualche anno le Zosteraceae sono state elevate al rango di famiglia; alcuni autori, interpretano l’inifiorescenza come formata da fiori ermafroditi formati da uno stame a due antere e un’ovario.
Protetto secondo l’annesso I di Berna e l’annesso II di ASPIM.
Ultimo aggiornamento
22 Maggio 2023, 14:37