Guida Geologica Isole Tremiti

Le Isole Tremiti, le Isole Diomedee, S. Nicola, S. Domino, Caprara e il Cretaccio, con la più isolata Pianosa, costituiscono una sorta di curiosità geologica nell’Adriatico. Sono le uniche isole italiane in questo mare, sorgono a 21 km Nord del Gargano, tranne Pianosa che è invece a 40.

Sono poste sul margine settentrionale della piattaforma apula, presentando una quota massima di 116 m s.l.m. ed un’estensione totale di circa 3 Kmq. Si raggiungono con facilità tramite traghetto o aliscafo da Termoli (CB), Vieste o Manfredonia (FG) o con elicottero da Foggia.

Sulle isole affiorano terreni marini d’età compresa fra il Paleocene ed il Pliocene medio. Essi rappresentano ambienti estremamente variabili che dalla zona di mare basso, al riparo di scogliere organogene, passano: a quella di mare aperto, con liste e noduli di selce; ad ambienti litorali poco profondi ad alta energia; ad ambiente neritico ad alta energia. Questa successione indica che la sedimentazione è stata ben controllata da movimenti verticali dei bacini. Sui termini marini poggiano i depositi pleistocenici, esclusivamente continentali.

Dal basso
verso l’alto sulle Isole si riconoscono cinque unità formazionali:

– la “Formazione del Bue Marino”;

– la “Formazione di Caprara”;

– la “Formazione di San Domino;

– la “Formazione del Cretaccio”;

– la “Formazione di San Nicola”.

Generalmente l’assetto generale delle isole si presenta monoclinale con immersione SE 10 – 20°, tranne che nella parte sud-occidentale dell’Isola di San Domino, fra l’Architello e la Grotta Sale, in corrispondenza dei punti più rilevati dell’isola, si osserva una terminazione antinclinalica orientata circa NE-SW, troncata proprio all’Architello da una faglia E-W. Due dolci rilievi che seguono l’assetto tettonico delle formazioni paleogeniche si osservano nell’isola di Caprara; qui da Sud ad Nord si riconoscono con asse circa WNW-ESE presso Cala Sorrentino un antinclinale, a Cala dei Turchi una sinclinale e a Cala Caffè un’altra antinclinale. Grossomodo questo è l’allineamento che seguono le faglie più frequenti in particolare modo su S. Domino; il loro rigetto misurato in pozzi non va oltre i 20 m.

Dato l’assetto generale dell’Arcipelago, non è da escludere che faglie di importanza ben maggiore abbiano interessato i terreni della successione almeno sino all’inizio del Pliocene. Le Isole Tremiti danno immediatamente l’impressione di costituire una struttura tipo Horst; studi recenti le includono in un sistema di “ridge” dovuto a faglie trascorrenti in un unico insieme con il Promontorio del Gargano.

Poichè la sequenza stratigrafica non affiora in modo continuo sulle isole l’osservazione delle unità e dei relativi contatti non è sempre agevole. Le migliori esposizioni, a causa della fisiografia dell’arcipelago, si trovano, comunque, lungo costa. In questo caso, quest’ultime, sono rappresentate in gran parte da falesie in rapida evoluzione specie lungo tutto il perimetro di San Nicola, la zona nord di Caprara e buona parte di San Domino. Per effettuare una visita ottimale appare opportuno dotarsi di una pratica imbarcazione che agevoli gli spostamenti lungo costa e che permetta, comunque, di approdare.

La effettuazione del giro completo delle isole con la effettuazione delle soste necessarie, richiede almeno due giorni.

Per seguire, in prima approssimazione, la sequenza stratigrafica è consigliato dedicare il primo giorno al periplo dell’Isola di San Domino. In questo caso, per avere il sole sempre a favore, suggeriamo di effettuare il periplo dell’Isola in senso orario scendendo lungo la costa sudorientale verso la Grotta Sale e la Grotta Viole, per poi bordeggiare la costa nord-occidentale nel pomeriggio.

La seconda giornata si dedicherà al periplo delle Isole di San Nicola e di Caprara. In questo caso, partendo in prima mattinata dal porticciolo di San Domino, suggeriamo di costeggiare innanzi tutto la costa SE di San Nicola, per avere il sole a favore; doppiata la Punta del Cimitero, ci dirigeremo verso Punta Secca di Caprara.

Nel pomeriggio suggeriamo di costeggiare il lato nordoccidentale dell’Isola per raggiungere al calar del sole il braccio di mare fra il Cretaccio e l’abitato di San Nicola.

La prima sosta, giunti su San Domino, sarà nei pressi dei “Pagliai”, i faraglioni vicini alla punta del Diamante, ed alla spiaggia a sud del porticciolo, l’unica degna di tal nome su tutte le isole.

Qui si possono osservare alla base delle formazioni i termini organogeni della Formazione di età eocenica di San Domino sulla quale trasgredisce direttamente la Formazione del Cretaccio di età miocenico inferiore e medio. La prima è rappresentata da calcarenite e calcari organogeni con stratificazione mal distinta o assente (molto ricca di resti fossili di macroforaminiferi, briozoi, litotammi, assiline, discocicline, briozoi, corallinacee, microforaminiferi, mentre più rari sono molluschi, crinoidi ed echini).

Sull’unità poggia in trasgressione la Formazione del Cretaccio, che si presenta con contatto estremamente irregolare segnato da una superfice ben carsificata. Questa è costituita da un orizzonte basale di doloareniti gialloverdastre o rossastre che, proprio al Cretaccio raggiungono il massimo spessore di 5 m. Al suo interno è spesso presente un conglomerato a elementi eocenici poco arrotondato con frequenti denti di squalo. Seguono marne giallastre o bianco giallastre ricche di foraminiferi bentonici. La formazione propriamente presente sul Cretaccio presenta affiorante a circa 25 m dalla base un orizzonte torbiditico con elementi eocenici dove è ben riconoscibile la subzona a Praeorbulina glomerosa Blow. Chiudono la successione locale sedimenti Pleistocenici continentali rappresentati dal loess giallo e dal Crostone.

Le grotte presenti lungo le falesie dell’isola di S. Domino e Caprara sono tutte impostate lungo fratture e continuamente ampliate a causa di crolli indotti dall’azione del moto ondoso oltre che dall’instabilità intrinseca del corpo litologico fratturato; la scarsa stabilità dei versanti e delle volte fa sì che le cavità siano quasi del tutto prive di qualsiasi speleotema. Meritano comunque una visita, sempre in barca, sia la Grotta Sale che la Grotta Viole. Frequenti sono le piccole cavità sommerse (in genere di interstrato allargate da precedenti stasi del livello del mare) in cui si riconoscono perfettamente gli allineamenti strutturali che dettano il continuo modellamento delle ripe. Sino alla Grotta Sale la successione riconoscibile sulla falesia è quella del porticciolo.

Fra il complesso delle Grotte del Sale e la Grotta delle Viole scompaiono le marne, sostituite sull’Eocene di San Domino, qui intensamente fratturato, dalla successione completa dei depositi continentali pleistocenici.Proprio in questa zona si presenta completa per cui alla base sono presenti conglomerati, marne e calcari rossi, loess rossi, loess giallastri e loess bruni intervallati da crostoni. Il loro significato paleogeografico, non affiancato da attribuzioni cronologiche assolute, pare essere ben chiaro: l’orizzonte conglomeratico indica abbassamento del livello di base e conseguente aumento della disgregazione del rilievo. L’abbondante presenza di quarzo eolico nei loess suggerisce l’ampia emersione delle piane circostanti le isole; mentre i crostoni indicherebbero fasi aride.

Solo qui e sino al Faro sono riconoscibili depositi detritico torrentizi rappresentati da ghiaie carbonatiche subangolari sciolte con matrice sabbiosa rossa o rosata conpresenza di ossa di Oryctolagus cuniculus (L.) Proseguendo il periplo verso NW, si giunge in corrispondenza dell’ampia baia posta fra il Faro e l’Architellodi San Domino, completamente aperta a ponente. Questa baia si presenta come generata da grossi crolli per scalzamento alla base. E’ il punto dell’isola in cui la falesia raggiunge la massima altezza, circa 100 m. Le condizioni d’instabilità ed il continuo arretramento della falesia non suggeriscono di avvicinarsi con sufficiente tranquillità. Ironia della sorte è proprio alla sua base che possiamo osservare l’unica zona della formazione del Bue Marino.

Questa formazione, costituita da circa 60 m di dolomie calcaree e calcareniti organogene ben stratificatesi presenta ricca di organismi, specialmente nei livelli calcarenitici (Dasidacladacee, Litotamni, Foraminiferi, Coralli, Anellidi, Molluschi, Echinidi, Crinoidi e Briozoi), tipici di acque calme forse di retroscogliera. Per lapresenza di Glomoalveolina lepidula (SCHWAGER), Alveolina pasticillata (SCHWAGER) e di A. aff.dolioformis (SCHWAGER), questa unità viene riferita al Paleocene superiore ed in particolare all’Ilerdiano inferiore.

Sulla Formazione del Bue Marino poggia in contatto “trasgressivo” la Formazione di Caprara attribuita all’Eocene inferiore in relazione ai rapporti con le unità adiacenti. Il suo spessore è variabile: da circa 20 m sotto il faro va riducendosi sino a non potersi più seguire già a metà della Baia. L’unità è di non facile identificazione sia per le caratteristiche litologiche, che si confondono con quelle delle altre unità prospicienti, che per la difficile accessibilità dell’esposizione. In essa sono presenti rare liste e noduli di selce mentre quasi assenti sono i fossili rappresentati esclusivamente da Radiolari nel calcedonio dei noduli. Gli strati sono intensamente scompaginati forse a causa di frane sottomarine.

Tutti questi caratteri sembrano permettere di riconoscere nell’unità caratteri bacinali simili a quelli di alcune successioni del vicino Promontorio del Gargano. Risalendo con lo sguardo verso la sommità della falesiapossiamo notare come questa si modelli nella Formazione di S. Domino.

Ormeggiata la barca nell’insenatura posta a metà strada fra Cala Tramontana e Cala degli Inglesipossiamo dedicarci con tranquillità all’osservazione delle coperture continentali pleistoceniche ed alleparticolari forme costiere.

Le coperture continentali presenti sull’Isola di San Domino e Caprara, meno diffuse su San Nicola e sul Cretaccio, non presentano sempre la stessa successione. Alla base è spesso riconoscibile un orizzonte discontinuo, a luoghi in sacche, di brecce a matrice color rosso vivo con elementi a spigoli vivi di natura quasi esclusivamente eocenica. Segue uno spessore, che non supera mai i 2,5 m, rappresentato dalla matrice calcareo-marnosa dell’orizzonte precedente con resti di molluschi continentali. Quindi un’alternanza, per uno spessore massimo di 9 m, di sabbie più o meno argillose e cementate di colore rosso-rosato o bianco giallastro, costituite da granuli in prevalenza quarzosi subangolari di origine eolica. Su questo loess rosso poggia un ulteriore deposito eolico quarzoso di colore giallo aranciato con laminazione incrociata spesso sino a 6 m. Chiude la successione dei terreni un deposito definito loess bruno – rossastro o nerastro in funzione della quantità di materiale organico presente. Anche esso contiene grandi quantità di granuli di quarzo subangolari ed è ricca di manufatti litici e di resti di ceramica impressa, fra cui la cardiale, attribuiti a produzione di facies neolitiche, anche antica. I depositi eolici appaiono frequentemente divisi da crostoni, calcitici farinosi o laminati, derivanti dalla decalcificazione dei depositi sovrapposti.

Il lato nord occidentale mostra aree con Formazione di San Domino molto tettonizzata; su di essa particolare effetto ha la morfogenesi costiera in funzione dell’assetto strutturale. Le “Cale” qui hanno asse principale orientato secondo le direttrici tettoniche secondarie rilevabili sull’arcipelago. Il moto ondoso che frange sulla costa scarica la propria energia con effetto concentrato ove le discontinuità determinano debolezza strutturale. A cala Tramontana e Cala Tamariello questo fenomeno ha prodotto insenature a pianta subcircolare allungate in direzione NW/SE lungo una grossa frattura; l’ampia baia di Cala degli Inglesi deriva dalla coalescenza di più forme elementari.

Seconda Giornata

Suggeriamo di effettuare il primo ancoraggio in corrispondenza della Torre del Cavaliere, nell’ampia baia fra Testa di Morte e lo Scoglio Segato. Alla base della falesia si riconosce la Formazione del Cretaccio interessata da faglie ad orientamento NO/SE con rigetti mai superiori ai 20 m. L’Isola, ben evidente con il suo rilievo tipo “mesas”, mostra la superficie sommitale modellata sulla Formazione di San Nicola trasgressiva sulla precedente ed attribuita al Pliocene medio. Essa è costituita alla base da dolomie e calcari dolomitici a stratificazione indistinta di ambiente litorale con Avicula hirundo (L.), Chlamys scabrella (LK.), Cardita intermedia (BR.), Pecten jacobaeus L. e Thracia ventricosa PHIL.. Alla sommità sono riconoscibili calcareniti con Miliolidi edElphidium crispum (L.). Molto belle sono alcune evidenti tracce di organismi limivori. Buona parte della superficie è coperta da discontinui depositi continentali contenenti manufatti litici e ceramici di età preistorica.

Giunti all’altezza di Punta del Cimitero la doppiamo dirigendoci verso l’isola di Caprara. Quest’isola,rappresentata da una monoclinale, che immerge verso SE, é costituita degli stessi terreni dell’Isola di San Domino su cui poggiano le coperture continentali pleistoceniche. L’effettuazione del periplo dell’Isola, anche se non consente di osservare esposizioni particolarmente interessanti, permette di apprezzare un lembo di terra assolutamente selvaggio e pressochè privo di insediamenti di particolare interesse naturalistico

Proseguendo il periplo dell’Isola in senso antiorario possiamo, prima intuire e poi seguire, fra il Faro e Caladel Caffè, il contatto fra la Formazione di Caprara e la Formazione di San Domino. Giunti a Cala Caffè, innanzi alle poderose falesie alte sino ad oltre 60 m (qui si presentano modellate in testata della monoclinale). Una sosta merita, quindi, Cala dei Turchi (che deve il nome suggestivo alla presenza in questa ampia rada della flotta turca durante l’assedio cinquecentesco. In questa zona é possibile seguire tutta la successione continentale Pleistocenica che anche qui restituisce nelle sue parti più alte resti neolitici.

Guida Geologica Isole Tremiti

Ultimo aggiornamento

19 Maggio 2023, 14:10