San Nicola – Abbazia di Santa Maria a Mare
L’Abbazia di Santa Maria a Mare è un complesso di edifici, situati sull’isola di San Nicola che ne danno l’aspetto attuale, nell’arcipelago delle isole Tremiti al largo della costa garganica nel mar Adriatico. E’ uno degli approdi del Mediterraneo in cui l’arrivo e lo sbarco su quest’isola è come riornare indietro nel tempo,
Questa dote accomuna San Nicola con l’arrivo al porto vecchio, Mandraki, di Rodi, il porto de La Valletta a Malta e il porto di Palma di Maiorca nelle Baleari.
Una leggenda narra che la colonizzazione religiosa dell’isola iniziò nel IV secolo d.C. Quando la Madonna apparve in sogno ad un eremita chiedendo la edificazione di una Cappella a Lei dedicata. Il Padre gesuita Guglielmo Gumppenberg riporta che l’eremita, di cui non si conosce nome e provenienza, eresse l’isola di San Nicola come luogo di romitaggio durante i primi secoli del Cristianesimo. La santità dell’uomo fu premiata con una visione della Vergine Maria, che, dopo aver rassenerato l’uomo atterrito dall’evento, gli ordina di costruire un tempio in suo onore.
La Madonna indicò, all’impaurito, un luogo dove scavare per procurare i tesori necessari al compimento dell’opera affidata al sant’uomo. L’uomo prima ritrovò un’iscrizione sepolcrale, e poi, dietro di essa delle incredibili ricchezze, degne di un re. La leggenda vuole che questo sepolcro altro non fosse che la sepoltura
dell’eroe omerico Diomede. La leggenda viene riportata con maggiori particolari dalla Cronica Istoriale di Tremiti, scritta da Benedetto Cocorella alla fine
del ‘500, ad iniziare dalla data di approdo dell’eremita sull’isola di San Nicola, che viene indicata al 312 d.C.
Secondo la cronaca del Cocarella, dopo aver ritrovato il tesoro, l’eremita venne rapito da un sogno e uno venne spinto da un dolce venticello fino a Costantinopoli, dove sbarcò. Qui trovò, pronta agli ormeggi, una nave carica del materiale necessario alla costruzione. La nave imbarcava anche
operai edili, con i quali l’eremita riuscì a costruire la cappella dedicata alla Madonna.
L’uomo una volta terminata la costruzione del tempio non ritenne il suo compito concluso e si impegnò a diffondere la devozione mariana
tra pescatori, mercanti e tutti gli altri che approdavano nella rada dell’arcipelago.
La Cronica continua raccontando che dopo circa sei secoli erano rimasti solo pochi e vecchi e per questo, i monaci dell’Ordine di San Benedetto venuti a conoscenza delle meraviglie del luogo pensarono di edificare un’Abbazia in un luogo solitario da dedicare alla vita ascetica, sostituirono gli eremiti rimasti con l’approvazione papale. Secondo il Chartularium Tremitense il primo centro religioso venne edificato nel IX secolo ad opera dei benedettini come dipendenza diretta dell’abbazia di Montecassino.
Certo è che nell’XI secolo il complesso abbaziale raggiunge quello che sarà il periodo di massimo splendore, aumentando a dismisura possedimenti e ricchezze, tanto da effettuare una riedificazione della chiesa da parte dell’abate Alderico, che venne consacrata nel 1045 dal vescovo di Dragonara.
La magnificenza di questo periodo è testimoniata dalla presenza tra le mura del monastero di ospiti illustri, tra i quali Federico di Lorena (futuro papa Stefano IX) e di Dauferio Epifani (futuro papa Vittore III) e da una bolla di Alessandro IV del 22 aprile 1256 in cui viene confermata la consistenza dei beni posseduti dalla comunità monastica. L’intero complesso rimase possedimento dell’abbazia di
Montecassino per circa un secolo, nonostante le pressanti richieste di autonomia e le proteste dei religiosi tremitesi che arrivarono anche a cercare la collaborazione con l’altra potente Abbazia di Santa Maria di Calena, nella piana sotto Peschici.
Nel XIII secolo, quando venne svincolata dal monastero di Cassino, aveva possedimenti che andavano dal Biferno fino a Trani. Secondo le cronache dell’epoca le tensioni mai assopite con il monastero laziale e i frequenti contatti con i dalmati, visti con sospetto dalla Santa Sede, portarono i monaci a una decadenza morale che spinse nel 1237 il cardinale Raniero da Viterbo ad incaricare il vescovo di Termoli di sostituire l’ordine di San Benedetto con i Cistercensi per rinnovare spiritualmente la guida dell’abbazia.
In seguito Carlo I d’Angiò rinforza il complesso abbaziale con delle opere di fortificazione. Opere che non riuscirono, nel 1334 a fermare il corsaro dalmata Almogavaro e a sua flotta, che depredarono l’Abbazia dei beni presenti e trucidarono i monaci mettendo fine alla presenza cistercense nell’arcipelago.
Dobbiamo arrivare al 1412, quando, in seguito a pressioni e lettere apostoliche, e su diretto ordine di Gregorio XII, dopo il rifiuto di diversi ordini religiosi, giunse sull’isola una piccola comunità di Lateranensi, proveniente dalla chiesa di San Frediano in Lucca e guidata da Leone da Carrara per ripopolare e riportare ai passati fasti l’antico centro religioso.
I Lateranensi restaurarono il complesso abbaziale, ampliandone le costruzioni, soprattutto con la numerose cisterne ancora oggi funzionanti e con lavori di rinforzo delle difese. I monaci estesero anche i possedimenti dell’abbazia sul Gargano, in Terra di Bari, Molise e Abruzzo. I lavori imponenti ebbero pienamente successo, tanto che nel 1567 l’abbazia-fortezza di San Nicola riuscì a resistere agli attacchi della flotta di Solimano il Magnifico.
L’abbazia fu soppressa nel 1783 da re Ferdinando IV di Napoli che nello stesso anno vi istituì una colonia penale. Nel periodo napoleonico l’arcipelago fu occupato dai murattiani che si trincerarono all’interno della fortezza di San Nicola resistendo validamente agli assalti di una flotta inglese. Di questi attacchi sono visibili ancora oggi i buchi delle palle di cannone inglesi sulla facciata della Chiesa.
Ultimo aggiornamento
15 Maggio 2023, 11:46